lunedì 27 agosto 2012

E’ come una tangenziale di un torrido paesino del sud, lunghissima e non asfaltata, piena di bozzi che fanno sussultare, come cicatrici. Una strada bollente di sole, sudore e sangue.


E una spolverata di neve sopra. Poca, ma abbastanza per ricoprire interamente le cicatrici, in modo che non si possano vedere più.

Che il gelo della neve metta tutto a tacere, lasci assopire il caldo. Senza trasformare tutto in ghiaccio, ma rendendo la strada tiepida e ripercorribile, ancora una volta.

martedì 19 giugno 2012


Un giorno d'odio, lungo una vita.
Odio il sole, odio il caldo che contribuisce a non lasciarmi ragionare.
Odio le voci delle persone che chiacchierano di stronzate, sotto casa mia, e urlano.
Odio i miei capelli spettinati.
Odio te.
... Odio lei.
Odio i tuoi occhi verdi e i suoi occhi azzurri.
Odio me, incapace di fissare l'evidenza nei suoi occhi neri pesti.
Odio l'amore.
Odio il ticchettio delle mie unghie quando battono sui tasti.
Odio il disordine nella mia stanza e nella mia testa.
Odio la tua risata e i tuoi insulti gratuiti.
Odio lei, falsa, puttana.
Odio il tuo addio che non è mai un addio vero.
Odio amarti.
Odio pensarti, e non è viceversa.
Odio il tuo nome e il suo nome.
Odio le nostre fotografie, sputo sulla sua.
Odio il ricordo di parole pesanti.
Io odio anche me, in questo giorno d'odio lungo una vita.

sabato 1 gennaio 2011

Mi ricordo

La mia casa è gialla. Gialla fuori e gialla dentro.
Muri di un giallo acceso.
Per contrasto, ricordo che lanciai l’idea di dipingere le porte di colori vivaci: blu elettrico per la sala, rosso per il bagno e lilla per la camera da letto. Lui era d’accordo, come sempre.
Ricordo quel giorno, il giorno in cui decisi di dare un tocco di colore al nostro splendido nuovo nido.
Acquistammo pennelli adeguati e latte di pittura, con un sorriso beato stampato in faccia e gli occhi che ci brillavano..
Era estate, faceva molto caldo. Le finestre erano tutte spalancate.
Vestita con una maglietta di quelle che si usano esclusivamente per stare in casa (con i pupazzetti disegnati, per intenderci) e un paio di pantaloncini verde smeraldo, iniziai a tappezzare il pavimento di marmo rosso con i fogli di giornale e ad applicare con cura il nastro adesivo di carta lungo le porte, accanto ai vetri, per non sporcarli.
Porte vecchie, di legno smangiato, con i tre vetri smerigliati, porte di una volta. Mi hanno sempre ricordato la porta del bagno a casa di mia nonna.
Mi armai di vernice rossa e pennello e, partendo dall’alto, iniziai la mia avventura nel mondo dei colori.
Dare una mano di colore acceso ad una porta smorta fu tremendamente soddisfacente.
Mi impiastricciai le braccia, le dita, mi cadde il pennello su un piede, gocce di pittura mi caddero in testa, ma non me ne curai. Ero felice.
I miei capelli stavano prendendo uno strano colore ma il sorriso era ancora lì, stampato in faccia, solo che era un po’ più colorato di prima.
Soddisfazione, felicità, gratificazione. Era il nostro nido, la nostra casa che stava prendendo forma, personalità. Quei colori rappresentavano la gioia di aver raggiunto un obbiettivo comune.
Finito di dipingere, ricoprii tutti i vetri delle porte con l’adesivo colorato, per dare un nuovo effetto a quei vetri smerigliati senza senso.
Ogni tanto lo chiamavo ad alta voce: “Vieni! Vieni a vedere come sta venendo bene!”.
Arrivava e faceva finta di esaminare il lavoro, tutto serio. Poi sorrideva, diceva che ero stata brava e mi dava un bacio.
Per completare l’opera, appesi al muro del corridoio la Madonna di Dalì, e delle tele coloratissime dipinte da un pittore di strada dominicano. Me le regalarono i miei genitori, in occasione della loro vacanza a Santo Domingo.
In sala appesi due splendide stampe di Botero e una grande tela dipinta da non so chi, raffigurante una tigre nella giungla.
Quanti colori, quanta energia, quanti sogni.

La camera da letto è dipinta con semplice pittura bianca.
Le pareti sono spoglie, solo alcune stampe impolverate e un vecchio puzzle incorniciato.
Si era parlato di come dipingerla, magari di un colore che richiamasse il delicato lilla della porta.

Chissà di che colore dipingerò la mia prossima casa.

Una splendida mattinata

Giuro che io avevo intenzione di tirarla lunga., volevo dormire. Poi è arrivata lei, Dharma, la mia tenera cagnolina che, con la sua solita delicatezza da elefante, mi ha svegliata come solo lei sa fare: una bella zampata in faccia. Intendiamoci, con le unghie lunghe, non ci facciamo mancare nulla qui.
Non contenta, mi è salita sulla pancia, con la leggiadria di un rinoceronte obeso, e per finire ha iniziato a leccarmi il viso come se fosse cosparso di crocchette gustosissime.
Ditemi voi, come potevo continuare a dormire? E soprattutto, come potevo arrabbiarmi?
Nonostante il risveglio a dir poco agghiacciante ho sorriso, l’ho abbracciata, le ho fatto i grattini.
E allora ho iniziato a sentire il classico tump tump tump, segno che stava scondizolando tutta compiaciuta.
Tutto ciò alle ore 8.00 dell’ultimo giorno dell’anno. E’ un venerdì e mi godo la bellissima sensazione del calduccio sotto le coperte, del pelo morbido della mia piccola peste e soprattutto il godimento che, essendo un giorno lavorativo, io invece son qui a godermi un po’ di meritato riposo.
Dopo un po’ decido di prendere contatto con la realtà, accendo il telefono con l’intenzione di chiamare una persona per darle il buongiorno e per farle sentire la mia splendida e suadente voce mattutina. Non risponde, peccato. La persona in questione sta lavorando, non la invidio neanche un po’.
Dharma è insistente e decido di alzarmi.
Apro la finestra e noto con piacere che mi aspetta una splendida giornata di sole. Prendo una bella boccata d’aria frizzantina, guardo la mia piccola negli occhi, lei guarda me, insomma ci si guarda, io le sorrido, lei fa altrettanto (sì, i cani sorridono) e ci dirigiamo insieme a far colazione.
Oggi niente dieta. Nel frigorifero c’è un vasetto di confettura alla ciliegia, acquistata in una bancarella che vendeva prodotti inglesi, direi che è perfetta per la mia colazione non dietetica.
Incredibilmente noto anche del burro (e mi chiedo anche cosa diavolo ci fa del burro nel mio frigo!). Via, oggi va così: fette biscottate, burro e confettura inglese alla ciliegia, alla faccia di chi mi vuole male.
Mi metto sul divano, mi avvolgo nel piumino, appoggio il braccio sinistro alla schiena della mia fedele amica e me la godo. Dovete sapere che la colazione è il momento della giornata che preferisco e al quale difficilmente rinuncio, anche nei giorni lavorativi. E’ come un rito. Quindi oggi che ho più tempo figuriamoci se non me la godo.
Dharma ormai ha perso interesse per me, è chiaro. Fissa la mia mano, attenta a ciò che stringe, con lo sguardo speranzoso. Credo che farebbe qualsiasi cosa per ottenere una delle mie fette biscottate.
Le dico ‘zampa’ e lei me la dà, senza indugiare un attimo. Bhè… a suo modo naturalmente, con la sua solita grazia, come volesse dire: ‘sì sì, te la do questa cavolo di zampa ma adesso dammi da mangiareeeee!’. Gliene do un pezzetto, per forza. E’ uno spettacolo, c’è da dirlo, un cinema gratuito giornaliero.
Finita la colazione, premio la bravura di Dharma versandole un goccio di latte nella ciotola: titolo dell’opera ‘la fame nel mondo’.
Rimango stesa ancora un po’ sul divano, mentre ormai la mia piccola peste ha ottenuto tutto ciò che voleva e quindi è letteralmente sparita dalla mia vista.
Giro canali della televisione a casaccio e mi imbatto in quello di musica classica. Godo, perché sta per iniziare il ‘requiem k.626’ di Mozart, questa sì che è fortuna. Lascio che la Musica e i brividi mi rapiscano. Quando ascolti queste cose, non puoi fare a meno di renderti conto che questa è Musica, tutto il resto che viene dopo rimane comunque ad un livello più basso.

Mi rendo conto che Dharma è davanti alla porta, mi fissa, sembra una statua. Avrà mica qualche altra esigenza? Direi proprio di sì. Arrivateci, è facile.
Vado in bagno a lavarmi e, ovviamente, lei mi segue anche lì. Si acciambella sul tappetino e fa finta di dormire. Poi quando vado in camera a prendere i vestiti, e ritorno in bagno mi segue, è praticamente la mia ombra. Pelosa.
Finalmente usciamo.
La giornata è davvero meravigliosa. Il sole splende, non c’è una nuvola, il cielo è azzurro e fa freddo, ma è tollerabile e, addirittura, esco senza guanti.
Io che in questo periodo esco di casa senza guanti direi che è un evento raro, segnatevelo.
Decido di telefonare a mia mamma e la saluto con un ‘buongiorno!’ pieno di allegria, e lei fa lo stesso con me. La sento contenta, è andata via qualche giorno col papà, e stamattina erano a Perugia, dice che è una bellissima città, ed è contenta che ci sia bel tempo.
Siamo molto simili per quanto riguarda il meteo, io e mia mamma. E non solo.
Contenta di averla sentita sorridere, mi metto le auricolari e entro nel mio mondo. Musica abbastanza soft stamattina, ci sta.
Inizio a passeggiare con tutta calma. Questo dev’essere un giretto tranquillo, non come in settimana che son sempre di corsa.
Raggiungo il parchetto dietro casa mia, e scopro che il cancello è aperto, quindi dico a Dharma che ci andremo e lei scodinzola. Le piace, così la lascio libera e scorrazza un po’ qua e là.
Noto che la parte dietro al parco è stata sistemata, e allora ci andiamo. Ci sono panchine nuove, l’erba ben tagliata, tutto nuovo.
Dovete sapere che prima questo non era un parco, bensì un cimitero.
La struttura intorno non è stata abbattuta perché è patrimonio artistico della città, quindi immaginatevi l’entrata di un cimitero, il cancello, i colombari murati.
In giro non c’è praticamente nessuno, slego Dharma che inizia a correre e ad annusare l’erba, tutta contenta. Passeggio anch’io, pian piano, guardandomi intorno, perdendomi nei dettagli della struttura che ancora è rimasta, notando anche che qualcuno l’ha già imbrattata con una scritta volgare, che stupidi.
Poi, passando davanti ad un pertugio abbastanza largo, noto qualcosa che mi lascia senza parole e spengo la musica.
Ci sono delle pietre molto grosse a terra, una è abbastanza squadrata e guardando meglio noto che ha delle scritte sopra, in rilievo. Mi avvicino un po’ di più e sul muro davanti vedo che ci sono due lapidi rettangolari. Una è poco leggibile, l’altra invece si vede benissimo.
“Maria M. nata 28 giugno morta 2 luglio 1897 – Diletta! Appena nata Venne da Dio chiamata Ma nel cor dei Genitor rivive al primo amor – GLORIA”.
Mi ha fatto effetto. Ci sono rimasta un po’ là davanti, poi ho mandato un bacio e sono andata via.

Sulla via del ritorno, ci siamo sedute per un po’ su un gradino, a godere del sole, in silenzio.
Poi la chiamo, lei mi guarda, io la guardo e sorridendo le dico: ‘andiamo a mangiare un biscotto?’. Sorride anche lei, la coda fa tump tump tump.

mercoledì 22 settembre 2010

Dedicata




Cerca di essere originale
Con la faccia indurita
Il passo sicuro di chi affronta tutto senza paura
La risata quando serve
La battuta sempre pronta
Tasche perennemente vuote
Strafottenza
Idee, spunti, parole, parole, parole
Occhi attenti che trasformano ogni cosa in racconto
Muri spessi

Fragilità
Mani gelide
Denti imperfetti
Occhi che hanno visto troppo
Occhi che parlano
Occhi che ridono
Occhi stanchi
Schiena a pezzi
Scarpe rotte e profumo di sapone
Paura

domenica 19 settembre 2010

M.02

Sono il giullare
della vostra insulsa
corte dei miracoli.
Sono l'effimero
l'eccesso
così patetico perché
me stesso.
Sono il rancore,
il brusio maligno
di zanzara
che ronza nell'orecchio.


Ascoltami.


Tu vomiti
nel mio cervello
discorsi ovvi
e senza senso.
Una sola misura
voglio ci divida:
il silenzio.

di M.02 dal 'MeP - Movimento per l'Emancipazione della Poesia'
[http://mep.netsons.org/]

Ecco.

"E' un chilo di dolore quello che hai lì sulla testa? Bene. Io ho un
chilo di malore. Quale vale di più? Ti frega? A me non frega.

Anzi. Ho un fanculo qui, che mi pende dal lobo. Qualcuno può contestarlo? Macché.

Del frega e del non frega, si può anche discutere. Ma non del chilo di malore.

Perciò, fanculo.

Per stasera solo, però, eh?

Domani cambia tutto."

[non mi ricordo assolutamente la fonte]